martedì 23 settembre 2008

Testamento biologico, Eminenza, qui la cosa non funziona

Il capo dei vescovi molla una posizione strategica sul tema della vita

Eminentissimo e reverendissimo cardinal Bagnasco, stavolta non siamo proprio d’accordo.
La sua di ieri fu una prolusione buona e onesta, ma la parte relativa al testamento biologico, altrimenti detto dichiarazioni o direttive anticipate, dava l’impressione di una rinuncia.
Di più, le sue parole di accettazione del testamento biologico davano l’impressione di una risposta intimidita e confusa a una cultura postmoderna che si mangiucchia pezzo per pezzo non tanto, ciò che non è la nostra specialità, la dottrina della chiesa, quanto ciò che resta della resistenza culturale al relativismo soggettivista.
Se abbiamo capito bene, al di là dei dettagli e delle interpretazioni, il cuore del suo intervento sul caso di Eluana Englaro, e la sua novità, è in questo: fate pure una legge in cui si registri come norma universalmente valida la volontà soggettiva sul tema di come si desidera morire.
La vita è un tabù, nel senso che è un mistero.
Nel mondo liberale figlio della cultura creaturale giudeo-cristiana e del suo concetto di persona titolare di diritti innati, “life, liberty and the pursuit of happyness”, la vita è un dogma costituzionale. Se le cose stessero altrimenti e laddove effettivamente stanno altrimenti, della vita si potrebbe fare, e si fa in effetti, quel che si decide di fare di volta in volta, in base a considerazioni di arbitrio soggettivo che si fanno legge, cultura, norma giuridica e morale.
Al servizio anche della morte, se necessario, come nei casi dell’aborto volontario e dell’eutanasia. Se su questo fronte la chiesa cattolica tiene, tutto tiene, in un certo senso.
I tabù sono fatti anche per essere elusi o violati o trasgrediti. Ma abbatterli e proclamarli morti e sepolti di fronte al mondo equivale ad abbattere il mistero, che è il pane della fede e della comunione liturgica nella chiesa, se non erriamo.
Per quanto ci riguarda, peggio ancora, equivale a recidere quel “legame” di intelletto e d’amore che dà senso a una civiltà liberale e alla libertà.
Equivale a trasformarla piano piano, passo dopo passo, in una democrazia libertaria su fondamento ateo e materialista.
Puoi rifiutare una cura e lasciarti morire.
E’ un fatto. Ma una legge che stabilisca questo fatto come diritto è un’altra cosa.
Se la legge sia accettata e filtrata dal pensiero cristiano, è un’altra cosa ancora.

fonte: Il Foglio

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