venerdì 29 agosto 2008

Allam: Occidente schiavo dell'islamicamente corretto

Oggi il mondo occidentale ha paura di guardare in faccia la realtà e preferisce occultare la verità per non scontentare i mussulmani e provocare in loro reazioni violente.
Magdi Cristiano Allam, dal Meeting di Comunione e liberazione di Rimini, non risparmia critiche alla religione islamica, che lui stesso ha rinnegato "dopo un lungo percorso di conversione" e di "spiritualità interiore" che si è concluso il 22 marzo scorso, quando la notte pasquale il Papa Benedetto XVI gli ha somministrato il battesimo, la comunione e la cresima.
Uno degli episodi che ha portato Allam a pensare alla conversione è stato il trattamento ricevuto dal pontefice in occasione del suo criticato discorso all'Università di Ratisbona il 12 settembre 2006, durante il quale ha affermato che "l'Islam è una religione che si è diffusa tramite la spada".
Neanche gli stessi storici mussulmani lo smentiscono: nel Corano ci sono versetti che incitano all'odio, alla violenza e alla morte. E' per questo motivo che il giornalista Magdi Cristiano Allam ha deciso di convertirsi e di ricevere il battesimo lo scorso marzo.
"Il cristianesimo - dice Allam nel suo intervento - è la religione del Dio che si fa uomo; l'islamismo è la religione del Dio che si fa testo e si incarta nel Corano. Il Corano è considerato un'opera increata e, così come non è possibile criticare Dio, non è possibile accostarsi al Corano con la ragione".
"Diversi versetti del Corano - aggiunge - sono legittimanti di una ideologia di odio, di violenza e di morte. Anche nella Sharia (le norme religiose, giuridiche e sociali direttamente fondate sulla dottrina coranica, ndr.) è attestata la realtà di un uomo che è stato guerriero, che ha combattuto e ucciso". E' narrata la storia di "Maometto" che "è stato personalmente protagonista di efferati crimini, come la strage e la decapitazione di circa 700 ebrei a Medina. Fatti che i mussulmani non smentiscono".
Il vicedirettore del Corriere della Sera prende le difese di papa Ratzinger. "E' una verità storica - spiega - un fatto attestato dagli stessi storici mussulmani. Fu per me un vero trauma constatare che il fatto che l'avesse pronunciata il papa" quella frase "provocò una generale e brutale condanna da parte del mondo mussulmano con la richiesta di scuse, la convocazione di ambasciatori, la condanna a morte da parte di Bin Laden e altri estremisti".
Inoltre "l'isolamento dei giorni successivi fu ancora più marcato dalle tante critiche sollevate in Occidente dai mezzi di comunicazione e da esponenti di chiese cristiane e da alcuni alti prelati della chiesa cattolica che sostennero che quel discorso era inopportuno".
"Oggi - continua Magdi Cristiano Allam - l'Occidente ha paura di guardare in faccia la realtà, non vuole ritenere che c'è una verità e preferisce occultarla e nasconderla" nel caso in cui dovesse "scatenare reazioni violente" da parte dei mussulmani.
Oggi l'Occidente ha la "malattia ideologica del relativismo che privandoci dell'uso della nostra ragione, non vuole entrare nel merito e ci priva di parametri valutativi critici".
Un'altra malattia, per il giornalista convertito, è "la malattia ideologica del 'politicamente corretto' anzi del 'islamicamente corretto' che ci porta a ritenere che non si deve dire o fare alcunché che possa urtare la suscettibilità dei mussulmani. Un'altra malattia p il buonismo che è l'esatto contrario del 'bene comune' e della sintesi tra i diritti e i doveri".

giovedì 28 agosto 2008

Anche il Conservatore in Azione aderisce all'appello di Liberal per i cristiani perseguitati

Adesioni bipartisan alla manifestazione organizzata dalla rivista 'Liberal' di fronte a Montecitorio, per il prossimo 10 settembre, in segno di solidarietà ai cristiani perseguitati in India.
Tra coloro che hanno dato il loro sostegno all'iniziativa, c'è anche il Cardinale Joseph Zen Ze-kiun, arcivescovo di Hong Kong, tradizionalmente critico della Chiesa ufficiale cinese.
A quanto riferito dalla rivista diretta da Ferdinando Adornato, hanno dato la loro adesione Pier Ferdinando Casini per l'Udc, Romano Prodi, Oscar Luigi Scalfaro, Francesco Rutelli, Paola Binetti ed Enrico Gasbarra per il Pd, Clemente Mastella, e, per la maggioranza, Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri, Isabella Bertolini, Gianfranco Rotondi, Roberto Formigoni, Gabriella Carlucci, Margherita Boniver, Lamberto Dini.

mercoledì 27 agosto 2008

Maldive, la costituzione segue la sharia: Niente cittadinanza ai non musulmani

Una crescente volontà di salvaguardia dell'identità «Oggi il sole è calato sui vecchi atolli e un nuovo sole spunta all'orizzonte». Quando la politica si fa sulla sabbia di cipria di 1.192 isole coralline, la retorica del potere è ancora più ispirata. Il discorso lo pronuncia Mohamed Nasheed, ministro dell'Informazione, e il suo «sole» è la nuova Costituzione che avrebbe dovuto introdurre la democrazia alle Maldive.
«Un non musulmano non può diventare un nostro cittadino» recita invece il punto (d) dell'articolo 9, aggiunto ex novo rispetto alla vecchia Carta del 1998.
Un principio che non solo impedirà di ottenere la cittadinanza ai non musulmani ma ne provocherà la perdita anche da parte di chi si coverte o è figlio di un non islamico. Le persone colpite dalla revoca potranno restare nel Paese, ma solo per lavorare, e perderanno diritti fondamentali come quello di parola e di spostamento.
Sugli atolli, dove la popolazione è al 100% musulmana sunnita la riforma che vieta «ogni legge contraria ai principi dell'Islam » è passata senza colpo ferire.
«Qui le donne locali si vestono sempre più di nero e indossano il burqa — testimonia il console onorario italiano a Malé Giorgia Marazzi —. Impossibile immaginare adesso una protesta sul tema della libertà religiosa». Nessuna levata di scudi, però, neppure da parte dell'opposizione, troppo preoccupata di urtare la sensibilità degli elettori in vista delle prime elezioni multipartitiche in programma a ottobre.
fonte: Il Corriere della Sera

Con il velo islamico si può fare tutto

Diego sarà punito. Severamente. Forse perderà il posto di lavoro. La sua colpa? Aver fatto rispettare una legge dello Stato, chiedendo a una musulmana velata fino agli occhi di scoprirsi il viso in un luogo pubblico. Un «crimine» che può costar caro nell’Italia politicamente corretta, dove la «contaminazione» è un valore in sé, come ci insegna la Festa del Pd.
Diego fa il sorvegliante al museo Ca’ Rezzonico di Venezia e, per dirla tutta, magari non si chiama neppure così: almeno la gogna i suoi dirigenti gliel’hanno per il momento risparmiata e quindi il suo nome non è stato divulgato. Per il resto, come si dice, non si sono fatti mancare nulla: «Un fatto sgradevole, discriminatorio e stupido, non condiviso né da me personalmente né dal resto della direzione dei Musei civici», ha tuonato dalle colonne del Gazzettino il conservatore di Ca’ Rezzonico, Filippo Pedrocco. «Prenderemo i provvedimenti necessari nei confronti del guardiasala».
E così Diego la pagherà. Lui pensava forse di fare il suo dovere. Anzi considerava l’intervento di routine, visto che c’è una legge del 1975 che proibisce di girare a volto coperto: divieto confermato anche dal regolamento dei Musei civici veneziani, che lui è pagato per far rispettare. E lo aveva fatto altre volte. La cosa più divertente è che ad ammetterlo è lo stesso Pedrocco, sì quello che lo vuole punire. «Per questioni di sicurezza», ha spensieratamente dichiarato alla Nuova Venezia, «persone con il volto coperto non hanno accesso alle sale espositive. Succede per esempio a Carnevale, quando molti entrano mascherati. In quel caso chiediamo gentilmente ai visitatori di scoprirsi il volto».
Perfetto, è proprio quello che ha fatto il nostro Diego con la donna araba che indossava il niqab, il velo che lascia scoperti solo gli occhi: quindi, dov’è il problema? Ha fatto bene, no? Errore. Anzi, «grave errore». «Sta al buon senso del personale capire in quali casi sia richiesto far vedere il viso», sentenzia lo spericolato Pedrocco. «In questo caso la signora aveva tutto il diritto di visitare il museo e mi scuso per l’accaduto». Fantastico, no?
Ricapitoliamo. Se, in Italia, un italiano pretende di visitare un museo con il volto mascherato, lo si ferma. Giustamente. Lo stesso avviene, poniamo, se un ragazzo entra in un bar o in un negozio con il casco che gli copre il volto. Questioni di sicurezza, chi non lo comprende: sotto quel casco può celarsi un rapinatore; dietro quella maschera un pericoloso terrorista. E comunque, c’è una legge da far rispettare, ci sono i regolamenti. Se però a violare l’una e gli altri è un’islamica, cambia tutto. L’ipotesi che sia una persona poco raccomandabile non va neppure presa in considerazione e chi si fa sfiorare dal pensiero va redarguito, rimesso al suo posto. Se possibile cacciato.
Perché? Ma è ovvio, perché una musulmana ha diritto di veder rispettate le sue tradizioni che le impongono di non mostrare il viso. Un diritto che, per qualcuno, è più forte della legge. E che le dà facoltà di accedere a Ca’ Rezzonico: «per giunta», come sottolinea opportunamente l’agenzia di stampa Apcom, «dopo che la donna, con il marito e la figlia, aveva pagato il prezzo del biglietto d’ingresso, di 6,5 euro». Per giunta. Avevano perfino pagato e tu, Diego, sei andato a rompere le scatole. Certo, verrai punito, ma «intanto», piange ancora l’Apcom, «né la donna né la sua famiglia hanno potuto godersi la visita che avevano pagato».
E a te, Diego, magari passerà per la testa che anche le maschere sono una tradizione. Ma è una tradizione nostra, italiana, e quindi non conta. Ti frullerà l’idea che se a tua sorella o a tua figlia venisse voglia di visitare il Paese da cui proviene quella signora, le obbligherebbero a indossare mortificanti copricapi e ampie vesti lunghe fino ai piedi non appena sbarcate dall’aereo, fregandosene allegramente sia dei loro usi e costumi sia del caldo impossibile.
Penserai che non sia giusto. Ecco, limitati a pensarlo. Non dire una parola: c’è il rischio che, oltre a perdere il posto di lavoro, ti guadagni dai progressisti in servizio permanente effettivo anche il marchio di razzista.
fonte: Il Giornale

lunedì 25 agosto 2008

Orissa: suora bruciata viva da estremisti indù; un'altra stuprata

Bubaneshwar - Una suora cattolica è stata bruciata viva da gruppi di fondamentalisti indù nel distretto di Bargarh (Orissa), che hanno assalito l'orfanotrofio di cui era responsabile. Lo ha confermato il sovrintendente della polizia Ashok Biswall . Un sacerdote che era presente nell'orfanotrofio è rimasto gravemente ferito ed è ora all'ospedale con profonde ustioni. Un'altra suora, del Centro sociale di Bubaneshwar è stata stuprata da gruppi di estremisti indù prima di dar fuoco a tutto l'edificio. La lista delle violenze contro i cristiani si allunga. Fonti di AsiaNews affermano che una sacerdote è stato ferito; altri due sacerdoti sono stati rapiti.
Da due giorni lo stato dell'Orissa (nord- est dell'India) è scosso da violenze seguite all'uccisione di un leader radicale indù, Swami Laxanananda Saraswati. Chiese, centri sociali, centri pastorali, conventi e orfanotrofi sono stati assaliti ieri e oggi al grido di "Uccidete i cristiani e distruggete le loro istituzioni".
La tensione in tutto lo Stato è altissima. Il Vhp (Vishwa Hindu Parishad) ha lanciato per oggi e domani delle dimostrazioni. Già oggi gruppi di fanatici indù del Vhp e della Sangh Parivar hanno bloccato strade e villaggi, lanciando i propri gruppi alla razzia e alla violenza.
Secondo informazioni dirette, il Centro sociale dell’arcidiocesi è stato assalito e bruciato. Prima della distruzione, gli incendiari hanno stuprato sr. Meena, una suora che lavorava nel Centro. Anche il Centro pastorale, che era scampato alle distruzioni del dicembre scorso, è totalmente distrutto. P. Thomas, il responsabile è all’ospedale con gravissime ferite alla testa.
Il p. Ajay Singh ha detto ad AsiaNews che vi sono notizie di una suora arsa viva in un orfanotrofio nel distretto di Bargarh, dove era responsabile
Anche le suore di Madre Teresa sono state attaccate da un gruppo di militanti indù che hanno lanciato pietre su di loro, ferendone una in modo grave.
Tutte le istituzioni cristiane sono in pericolo perché folle di radicali indù girano per le vie, rompono le porte e le finestre e talvolta assaltano le case cristiane. Diversi sacerdoti e suore sono in fuga.
Militanti indù hanno anche assalito con pietre l’arcivescovado di Bubaneshwar, ma non hanno osato entrare data la presenza della polizia.
La chiesa e la casa parrocchiale di Phulbani sono state attaccate e bruciate. Tutti i sacerdoti hanno dovuto fuggire rifugiandosi nelle case dei fedeli.
L’ostello dei giovani che studiano a Phulbani è stato bruciato. Alcune missionarie della Carità radunate per un corso di studi sanitari a Brahamanigoan, sono state bloccate per ore nel villaggio. Le suore hanno lasciato il convento e hanno trovato rifugio in alcune scuole.
fonte: Asianews

Islam, Bertolini (PDL): Da monsignor Tauran autorevole contributo su problema moschee in Italia

"Le parole di monsignor Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo religioso, sull'essenzialita' della reciprocita' dei luoghi di culto tanto in Europa per le confessioni diverse dal Cristianesimo, quanto nei paesi a maggioranza musulmana per chi non e' islamico, non puo' non essere colto come un messaggio autorevole nei confronti della questione moschee anche nel nostro paese".
Lo afferma l'Onorevole Isabella Bertolini, componente del direttivo del Pdl alla Camera. "L'eccessiva proliferazione di moschee in Italia, senza che sia data la possibilita' a chi non e' musulmano di erigere propri luoghi di culto in paesi islamici, non puo' certamente essere accettata.
Il mancato riconoscimento reciproco del diritto alla liberta' religiosa non e' il solo punto dolente. Il numero troppo elevato di moschee in Italia sta portando un serio problema di sicurezza. I luoghi di culto islamici, come ci dice l'ultimo rapporto dei servizi segreti, sono troppo spesso terreno fertile per i reclutatori della guerra contro l'Occidente. I recenti arresti a Bologna di una cellula jihadista la dicono lunga su un pericolo che non puo' essere in alcun modo sottovalutato.
Molte amministrazioni comunali stanno consentendo, con troppa superficialita', la costruzione di moschee sui propri territori, che potrebbero poi essere gestite da associazioni musulmane radicali, contigue alle posizioni del fondamentalismo internazionale piu' acceso. Si rischia di accendere una polveriera. Non possiamo permettere, a chi non riconosce i nostri valori, di trasformare alcune aree del paese in aree dove i nostri diritti non valgono nulla".

Mamme in Cina

Mentre le Olimpiadi mostrano al mondo una Cina moderna, telegenica, spettacolare, una madre adottiva riflette sul posto dove è nata la sua bimba cinese, che tre anni fa venne lasciata davanti alla porta di un orfanotrofio con il cordone ombelicale ancora attaccato.
Diane Clehane, scrittrice e giornalista che vive a Manhattan, ha raccontato nell’edizione americana di Vanity Fair la storia di sua figlia Madeline Jing-Mei (“a little lucky girl”, le sorridono gli estranei che la incontrano al supermercato con la mamma) e dei sessantamila bambini cinesi, novanta per cento femmine, che dal 1991 sono stati adottati da famiglie americane. Si adotta in Cina più che in ogni altro posto del mondo.
Una gioia pazzesca, “ma è impossibile ignorare il fatto che io ho avuto una figlia perché qualcun altro è stato costretto ad abbandonarla”. Perché “fino a quando non sono entrata nel processo di adozione, non avevo la percezione reale del costo umano” della politica del figlio unico, della discriminazione delle femmine, di tutte le ragazzine che vivono negli orfanotrofi, di quelle mai nate, di quelle non registrate, delle neonate buttate all’angolo di una strada.
Milioni e milioni di bambine scomparse (e bellissime, bravissime atlete olimpiche che lanciano il loro messaggio di forza e speranza, poi però una bambina di sette anni esclusa dai canti ufficiali per decisione governativa: troppo brutta).
Le madri adottive sanno che dovranno raccontare alle figlie la loro storia, dovranno spiegare quale scellerata azione politica le ha condotte, per fortuna, tra le loro braccia: molte ritagliano tutti gli articoli sulla politica del figlio unico (che non sarà abbandonata almeno fino al 2010) e sugli abbandoni delle femmine. “Voglio aiutare mia figlia a essere orgogliosa del suo paese, ma penso che lei non arrivi da questa Cina moderna e televisiva. Lei appartiene a una Cina che quasi tutto il mondo non vedrà mai”, ha scritto Diane Clehane.
Qui non sono tutte come Angelina Jolie. Le mamme (e non sono tutte come Angelina Jolie, non adottano per motivi umanitari, ma per avere un figlio) lo sanno. Cindy Hsu fa la reporter televisiva, vive a New York, ha adottato una bimba che adesso ha quattro anni (le autorità cinesi, tra l’altro, tendono a impedire qualunque contatto con i genitori naturali), e ha una nonna cinese: “Le madri cinesi non sentono lo stesso nostro senso di perdita: mia nonna mi disse molto tempo fa che non capiva la sofferenza delle americane per gli aborti. E’ un altro stato mentale. In certe famiglie, se c’è qualcuno che non ha figli, vengono a prendere uno dei tuoi bambini. C’è qualcosa che non va, là”. Qualcosa che non va e che un po’ di belletto olimpionico non nasconde.
“Tutti quelli che erano con me a Piazza Tiananmen scrivono da Pechino dicono la stessa cosa – spiega Zirinsky, madre adottiva che ha lavorato molti anni in Cina – c’è questa facciata scintillante che disperatamente cerca l’approvazione del mondo, ma passi sei blocchi di case ed ecco la Cina che abbiamo conosciuto. E’ davvero difficile gettarsi alle spalle le cose tremende che hanno messo radici in quella società”. Bambine gettate via, bambine che non sono niente, bambine che stanno scomparendo. Le madri che mettono a letto le loro “little lucky girl” e guardano tutto questo estivo scintillio televisivo, pieno di magnifici corpi, sorrisi, medaglie e modernità, hanno già visto l’altra faccia della Cina, e non l’applaudiranno mai.
fonte: Il Foglio

domenica 24 agosto 2008

Ragazze cristiane rapite, convertite e sposate a musulmani: difficile il ritorno per una di loro

Saba e Anila Younas, cristiane, sono state rapite e sposate lo scorso 26 giugno da un gruppo di musulmani e costrette a convertirsi all’islam. Un referto medico stabilisce che la maggiore ha 16 anni ed è in grado di contrarre matrimonio. Il legale annuncia battaglia: arriveremo alla Corte Suprema.
Lahore (AsiaNews) – Si fanno più flebili le speranze di un ritorno a casa per le due ragazze cristiane rapite da un gruppo di musulmani lo scorso 26 giugno nel villaggio di Chowk Munda, nella provincia del Punjab. Secondo l’avvocato della difesa, la situazione è più complicata per la maggiore delle due sorelle, Saba Younas, costretta all’indomani del rapimento a sposare un giovane musulmano e a convertirsi all’islam.
Lo scorso 6 agosto il giudice Malak Saeed Ejaz, dell’Alta Corte di Lahore, ha disposto una perizia medica sulla ragazza in base alla quale sarebbe emerso che “l’età biologica” è di 16 anni (o 17) e non 13 come testimonia il certificato di nascita rilasciato dalla parrocchia cattolica di appartenenza. “Dopo il responso del referto medico – afferma Rashid Rehman, legale della famiglia – le possibilità che Saba torni dai genitori si riducono”, poiché a 16 anni le ragazze hanno raggiunto la "pubertà" ed è possibile “contrarre regolare matrimonio”. In fase di dibattimento, fra l’altro, la ragazza avrebbe confermato di “avere 17 anni”, di essersi “convertita all’islam” e aver contratto matrimonio “volontariamente”.
Se le speranze per la sorella maggiore sono pressoché nulle, continua invece la battaglia per riportare a casa la minore delle due, Anila di 10 anni; e un eventuale ritorno di Anila potrebbe convincere anche Saba a cambiare idea, trovandosi da sola in una famiglia che non le appartiene. Secondo Khalid Raheel, zio delle sorelle, dietro la decisione di Saba di testimoniare a favore dei rapitori in tribunale vi sarebbero “pressioni e minacce” e ribadisce di avere in mano documenti che “comprovano il fatto che ha solo 13 anni”.
Il legale della famiglia annuncia infine che è terminata la fase del dibattimento in aula; la sentenza è attesa per martedì 9 settembre. Fino a quel momento le due sorelle rimarranno nel centro di accoglienza per sole donne nel quale sono state trasferite ad inizio agosto, come stabilito dal giudice. “Se la sentenza non sarà positiva – annuncia Rashid Rehman – faremo ricorso alla Corte Suprema del Pakistan”.

Telecom Italia boicotta Israele?

La Telecom ha deciso di cancellare Israele dalle carte geografiche?
La compagnia telefonica vuole forse emulare gli Stati canaglia che vogliono distruggerla in un Olocausto nucleare o i terroristi di Hamas ed Hezbollah che ne vogliono fiaccare la resistenza con gli attentati suicidi? E’ un vero scandalo.
Nell’offerta ‘Nuova Welcome Home’, che fa sconti per telefonare in tutti gli Stati del mondo, Telecom cita infatti tutti i Paesi tranne lo Stato ebraico, mentre è presente la Palestina. Se una persona vuole sapere la tariffa per chiamare Tel Aviv o Gerusalemme? Per Telecom Israele non esiste, si devono vedere le tariffe alla voce Palestina.
Solo pochi mesi fa, durante il Governo Prodi, il Ministero degli Interni aveva cancellato Israele dalla mappe dei palmari della Polizia di Stato, che solo grazie alle nostre prese di posizione fu immediatamente ripristinato, oggi la Telecom ricade in questo pericoloso atto.
Per quanto mi riguarda presenterò un’interrogazione al Governo per capire le motivazioni di questo gravissimo fatto nei confronti dell’unica democrazia del Medio Oriente.
On. Isabella Bertolini

sabato 23 agosto 2008

Sgominata cellula jihadista, Leoni: Moratoria di due anni su costruzione nuove moschee in Emilia Romagna

Prendendo spunto dalla notizia che sabato 9 agosto 2008 “è stata sgominata, a Bologna, una cellula jihadista che reclutava islamici da trasformare in kamikaze”, il Consigliere regionale Andrea Leoni del PDL ha rivolto un’interrogazione alla Giunta regionale per sapere se non ritenga necessario vigilare sulla legittimità delle attività svolte all’interno delle moschee presenti sul territorio dell’Emilia-Romagna, mettendo in atto azioni specifiche, anche di concerto con il Governo nazionale e le Amministrazioni locali, per garantire un controllo capillare su questi centri islamici, anche dal punto di vista numerico.
Andrea Leoni, a questo proposito, ricorda che dai dati emersi dalla 58^ relazione dei servizi segreti italiani si evince che l’insegnamento religioso praticato all’interno delle moschee e delle scuole coraniche è oggetto di specifiche “analisi, in relazione alla prevenzione delle zone grigie dove i reclutatori jihadisti godono di libertà di manovra, specialmente nella reislamizzazione in senso estremista di elementi naturalizzati”.
Il Consigliere sottolinea inoltre che, nel recente passato, diversi centri dell’Emilia-Romagna, come Carpi (Modena), Reggio Emilia e Bologna, sarebbero stati al centro di indagini riguardanti attività gestite da extracomunitari legati a movimenti radicali islamici ed a presunti finanziamenti destinati alla lotta integralista ed alle moschee.“Questi ed altri episodi - scrive Leoni – confermerebbero che gli allarmi lanciati a più riprese da numerosi esperti sulla penetrazione fondamentalista islamica in Italia e nella nostra regione sarebbero più che mai fondati”.
Considerando infine che l’Emilia-Romagna risulterebbe essere la regione con un maggior numero di moschee e che la costruzione di questi centri “procede a ritmo vertiginoso”, come ad esempio “a Sassuolo (Modena) e a Cesena (Forlì-Cesena), senza che gli amministratori locali siano minimamente interessati a quanto accade anche solo a pochi chilometri di distanza dai loro comuni”.
Il Consigliere regionale del PDL chiede alla Giunta come intenda evitare che moschee e scuole coraniche presenti in Emilia-Romagna si trasformino “in zone franche per estremisti”, se, dagli elementi di conoscenza in suo possesso, ritenga che la nostra regione, dove è già stata confermata la presenza di organizzazioni collegate all’integralismo islamico, sia potenzialmente ‘a rischio’ e se non ritenga doveroso disporre una moratoria di almeno due anni per la costruzione di nuove moschee in Emilia-Romagna, alla luce dei continui episodi di cronaca legati ad esponenti del terrorismo islamico presenti nel territorio regionale e visto che i centri culturali islamici e le moschee sono i luoghi dove operano i reclutatori di organizzazioni estremiste.