venerdì 30 novembre 2007

Carlo Giovanardi o forse no

Caro Direttore,
il Suo quotidiano ha pubblicato, con grande evidenza nella testata della prima pagina, la notizia che l'on. Carlo Giovanardi abbandonava l'Udc. Avendo sempre ieri, a Montecitorio, partecipato alla riunione dei deputati e senatori del mio partito ed avendo constatato con grande piacere la presenza dello stesso Giovanardi, La pregherei di farlo sapere con eguale spazio e rilevanza ai Suoi attenti lettori.
Lorenzo Cesa
Segretario Politico Udc
Caro Cesa, come vede pubblico la sua lettera in prima pagina, esattamente come ho pubblicato in prima pagina quella dell’onorevole Giovanardi l’altro giorno. E a questo punto però vorrei chiedervi una cortesia: d’ora in avanti se avete qualcosa da dirvi non potreste parlarvi voi due senza disturbare i lettori del «Giornale»? Lo dico con affetto, sia chiaro. Però, ecco, a volte basta una telefonata. Per altro mi risulta che voi parlamentari abbiate anche tariffe scontate. Se poi proprio volete strafare riunitevi tutti insieme. Non dovrebbe riuscirvi difficile: visto il numero potrebbe bastare anche un ascensore.
Ora, però, visto che avete scomodato i lettori del «Giornale» lasciate che spieghi loro come è andata. L’altro giorno ci chiama l’on. Giovanardi. Propone una lettera in cui annuncia che uscirà dall’Udc per aderire al nuovo Partito del Popolo. La pubblico in prima pagina. E la notizia viene ripresa un po’ da tutti i giornali.
Si badi bene: non si tratta di un pezzo scritto da quei cattivoni dei giornalisti, né di un’intervista con il solito intervistatore che non capisce mai nulla. Macché. È un pezzo di Giovanardi. Scritto di suo pugno. Carta canta. E qualche volta stona pure. In effetti all’Udc devono essere proprio un po’ stonati in questo momento. Infatti ieri ho ricevuto questa lettera di Cesa e una telefonata di Casini: «Ma Giovanardi non è uscito dall’Udc», dicono.
Oh bella: diteglielo a lui se sta dentro o fuori dall’Udc. È un problema vostro. Cioè suo. Si decida. Lo tiri a sorte, giochi ai dadi, faccia pari e dispari con qualcuno e se non trova nessuno che gli dà retta, si metta davanti allo specchio, così nel frattempo magari smette di arrampicarcisi su.
Per quanto mi riguarda, noi abbiamo già perso troppo tempo con questo tipo di giochini. Gli italiani non ne possono più. Ve ne rendete conto? La vostra logica è così vecchia che se nell’Udc ci fosse Muzio Scevola sarebbe l’uomo del futuro. I vostri bizantinismi hanno stancato. E poi via se non riuscite a farvi capire quando scrivete una lettera, come sperate di farvi capire sulla legge elettorale? E sul resto? Poi vi stupite se gli elettori vi respingono come si respinge il bacio di una betoniera. Suvvia, c’è già abbastanza caos nel mondo della politica. Almeno evitate il ridicolo. Nessuno ha mai preteso che foste coerenti per tutta una vita. Ma coerenti per tutta una lettera, questo sì, forse possiamo chiedervelo. Ce la potete fare anche voi
Mario Giordano - Il Giornale

sabato 10 novembre 2007

L’imam dà lezioni in tv: «Come picchiare le mogli senza fare peccato»

Il predicatore Muhammad Arifi educa i giovani alla libanese Lbc: «Le botte siano come il bacio della buonanotte. Meglio se col bastone»
Il matrimonio? È un ring dove chi rischia il ko è solo lei. Certo non tutti i musulmani la pensano così, ma lo zelante predicatore saudita Muhammad Al Arifi, interprete del Corano e del pensiero del Profeta per la televisione libanese Lbc, ha pochi dubbi. I suoi insegnamenti televisivi ai futuri mariti lasciano poco spazio all’immaginazione.
Le botte, a sentir lui, sono una componente essenziale della vita coniugale, come il buongiorno del mattino e il bacio della buonanotte. «Allah - spiega ai suoi allievi il religioso saudita - ha dato all’uomo un corpo più forte che alle donne». Quella dotta considerazione diventa la pietra angolare per spiegare l’inevitabilità delle busse, la legge del più forte che ogni moglie farà meglio a comprendere e ad accettare. Altrimenti le buscherà senza manco capire perché.Loro, le donne hanno, del resto, ben poco da lamentarsi: «Il Signore le ha dotate di corpi delicati, fragili soffici perché loro usano meglio le emozioni del fisico... mentre l’uomo deve per forza usare le mani per riportare la moglie alla disciplina, lei può convincerlo usando le lacrime».
Insomma lui magari la picchia, ma lei può rifarsi con un bella frignata. «L’uomo - precisa il dotto Al Arifi - è condannato a infuriarsi, la donna ottiene quel che vuole piangendo e facendo leva sulle emozioni». L’impari battaglia - fa intendere il religioso - è impossibile da vincere e i maschietti dopo aver strillato una, due, dieci volte non possono che passare all’azione. Attenzione, randellare la moglie non è né immediato, né inevitabile. Prima di farla nera ci sono almeno due passaggi obbligati: «Prima mettetela sull’avviso, una due tre quattro anche dieci volte, se questo non basta incominciate con il non farvi trovare a letto». L’abbandono del talamo, assicura Al Arifi, dovrebbe bastare. Una moglie non vedendo il marito coricarsi dopo una giornata di silenzi dovrebbe capire che è ora di far marcia indietro.
Ma ci sono anche le cocciute e le egoiste. Sono quelle così sicure di sé e così convinte di aver ragione da dire fra sé e sé: «Grazie a Dio se n’è andato per i fatti suoi, così avrò tutto il letto per me, potrò dormire da sola e rotolarmi da una parte all’altra come piace a me». Quando la moglie supera anche quell’estrema soglia d’impertinenza, il povero marito deve per forza ricorrere a quella che Al Arifi chiama «terza opzione». «Bastonarla», semplifica soddisfatto il pubblico dello studio televisivo. Al Arifi scuote la testa, sorride per tanto sano e naturale impeto. «Questo è giusto, ma come si fa a bastonarla, sentiamo un po’...». Alla fine tocca al religioso spiegare la raffinata arte delle botte coniugali. Innanzitutto niente colpi al volto. La regola del resto vale anche per asini e cammelli: «Se volete far camminare un cammello o un asino non potete colpirlo in faccia, quel che vale per le bestie deve valere anche per gli esseri umani». Sbaglia anche chi risparmia alla moglie denti rotti e occhi neri, ma la legna sul resto del corpo.
Il segreto, consiglia Al Arifi, sta nell’interpretare la regola islamica che impone di colpirla «con un bastoncino». Se nell’ineluttabile urgenza della «terza opzione» il marito non trova uno stecchino, può usare «qualcosa di simile», ma non mettere mano a bottiglie, a spranghe o coltelli. Quelli - raccomanda il religioso - sono proibiti. «Fate sempre attenzione – aggiunge – a usare un bastoncino sufficientemente gentile» perché menare il somaro o la moglie non è la stessa cosa: «Un asino comprende solo le botte, ma una donna è, in genere, più sensibile alle emozioni». Dunque meglio contenere l’ira, non lasciarle troppi segni addosso e non farla sanguinare. Mai e poi mai imitare quelli che «colpiscono le mogli come se prendessero a pugni il muro, centrandole da destra a sinistra, senza risparmiarle neppure i calci... Fratelli – si raccomanda Al Arifi - così non va bene, non potete trattare così con un essere umano».
La moglie va bastonata non per farle male – spiega il predicatore - ma per farle capire di esser andata troppo oltre, di aver superato il limite della maschia sopportazione. Insomma botte a volontà, ma con virile lucidità e mascolino giudizio.
il Giornale

venerdì 9 novembre 2007

Non tutto ciò che è legale è morale

"Il dialogo non è un assoluto che sostituisce la verità”.
Affermazione che dovrebbe essere autoevidente, ma drammaticamente non è: nella cultura laica, ma persino in quella ecumenica e interreligiosa. Così che dire: “Essere fedeli alla propria carta d’identità religiosa è il miglior passaporto per entrare nel territorio religioso altrui” diventa un sasso nello stagno di un mondo contemporaneo dominato da “agnosticismo religioso e relativismo etico”.
A lanciarlo non un provocatore qualsiasi, bensì l’ arcivescovo Angelo Amato, segretario della congregazione per la Dottrina per la fede, il numero due del cardinaleWilliam Joseph Levada. Nemmeno la sponda da cui lo lancia è un luogo qualunque: è la prima pagina di ieri dell’Osservatore Romano.
Il dialogo è pratica relativa per eccellenza, richiede interlocutori diversi, che siano però consapevoli della propria “carta d’identità”. Tanto più in una società dove “prevale oggi il pensiero debole, secondo cui tutto sarebbe relativo e pertanto non ci sarebbe una verità delle cose”. Lungi dall’essere questione solo ecclesiale, parlare di un dialogo da attuare con le armi di “verità, carità e libertà” è insomma una sfida culturale che entra diritta, e di diritto, nella battaglia delle idee. Ed è proprio questo che accetta di fare, nell’intervista realizzata ieri da Giampaolo Mattei per il quotidiano della Santa Sede, questo salesiano pugliese e riservato, solido teologo di 69 anni che nel 2002 fu chiamato a sostituire un altro figlio di don Bosco, il cardinale Tarcisio Bertone.
Monsignor Amato risponde a domande cruciali sulle ragioni e gli strumenti del dialogo. Una parola, non teme di lasciar intendere, a volte sopravvalutata, soprattutto nella chiesa. A proposito del dialogo ecumenico, dice ad esempio che per affrontarlo “non si può essere dei dilettanti”. Un colpo di sciabola ai paladini di una visione ecclesiale che, sulle orme del Concilio, ha spesso usato l’aggettivo “ecumenico” per mettere tra parentesi l’aggettivo “cattolico”.
Ma è spiegando come dialogare con la società laica (Amato più esplicitamente parla di uomo “nichilista” e “relativista postmoderno”) che il segretario della congregazione per la Dottrina della fede affronta senza perifrasi alcuni temi decisivi. Ad esempio, quando afferma che in un mondo dominato dal relativismo e che non permette di fare riferimento a norme morali, “di solito si ritiene etico quello che è legale, ad esempio aborto, divorzio”.
Ovviamente dovrebbe essere viceversa; ma non solo: il giudizio di Amato va a interrogare il cuore della cultura laicista, e non per niente un argomento simile è stato molte volte evocato nel dibattito sulle questioni bioetiche.
L’arcivescovo smaschera una pretesa tanto subdola quanto inaccettabile, quella che vorrebbe tracciare per “via legale” la trasformazione in “diritto” di qualcosa che diritto non è: esiste un “diritto” a divorziare, o peggio ad abortire? Dire che ciò che viene sancito da una legge possieda di per sé un “valore etico”, ragiona Amato, equivale nei fatti a liquidare il valore etico opposto.
E’ la storia dei passati decenni, e non è detto che non possa essere messa in discussione. Se ne può dialogare, senza rinunciare alla verità.
Interessanti sono anche le affermazioni a proposito del dialogo con le altre religioni (l’incontro tra Benedetto XVI e il re saudita Abdullah non viene citato, ma evidentemente non è neppure assente). Amato rivendica innanzitutto che vi sia “pari dignità personale degli interlocutori e non dei contenuti”. Si sente profumo di “Dominus Iesus”, e non è un caso: visto che il segretario è stato tra i principali estensori della Dichiarazione firmata da Joseph Ratzinger. C’è consapevolezza che “nell’odierna società multireligiosa si afferma sempre più un pensiero forte, promosso dalle diverse convinzioni religiose”, e Amato saluta positivamente il fenomeno. Ma con sicurezza critica anche “una certa teologia” secondo cui “tutte le religioni sono altrettante vie alla salvezza”. Una visione relativista del dialogo che non è certo quella di Benedetto XVI. E neanche, s’intuisce, del suo autorevole giornale.
il Foglio

Continuiamo a piegarci all'islam. Tariq Ramadan sale in cattedra nel paese di Theo van Gogh

A Downing Street approdò a due settimane dalle stragi di Londra, mentre l’Olanda veniva schiacciata sotto il peso delle proprie illusioni dalla confessione di Mohammed Bouyeri: “Ho ucciso io Theo van Gogh, se fossi libero lo rifarei”.Ora il controverso islamista svizzero Tariq Ramadan, che si muove nell’alveo dei Fratelli musulmani (è anche nipote del fondatore), che ha l’abitudine di definire gli attentati semplici “interventi”, che condanna gli attacchi ma li correda con giustificazioni e infingimenti retorici, che il terrorismo infanticida lo definisce “resistenza”, ha ottenuto un prestigioso incarico all’Università di Leiden.
Il Sun, il tabloid più letto d’Inghilterra, allora rivelò l’imminente arrivo di Ramadan mettendo la sua foto in prima pagina, sotto il titolo: “Bandito negli Stati Uniti per i suoi legami con il terrorismo. Bandito in Francia per i suoi legami con il terrorismo. Benvenuto in Inghilterra alcuni giorni dopo gli attacchi di al Qaida. Perchè?”. La stessa domanda ora rimbalza sui quotidiani olandesi.Ramadan, che nel 1993 partecipò al boicottaggio dell’opera di Voltaire “Mahomet ou le fanatisme”, occuperà per due anni la cattedra di islamologia intitolata al Sultano dell’Oman, finanziatore del corso universitario. Ieri il ministro dell’Educazione, Ronald Plasterk, definendo Ramadan un “uomo molto interessante”, ha dato parere positivo al suo arrivo dopo settimane di furenti polemiche. Il Partito della Libertà ha denunciato la politica culturale di Ramadan ricordando che non ha mai condannato la lapidazione delle donne o le pratiche di mutilazione genitale. E che l’Olanda è il paese di accoglienza e rigetto di Ayaan Hirsi Ali, la dissidente somala che ha subito una mutilazione e che per prima è entrata nei ghetti musulmani olandesi come assistente sociale. Quei ghetti che la fratellanza musulmana guidata da Yusuf al Qaradawi auspica al fine di preservare l’identità musulmana. “Il sultano di uno stato islamofascista pagherà due milioni di euro per influenzare le università olandesi” ha detto il partito di Geert Wilders, il politico conservatore costretto a vivere per baracche militari a causa delle minacce salafite.
Il dissidente iraniano Afshin Ellian, che insegna a Leiden e anche lui costretto a muoversi con una scorta anche all’interno del campus, al Foglio spiega che “la facoltà di teologia è libera di assumere Ramadan, in Olanda vige la libertà accademica. Ma Ramadan non è uno scienziato, quanto un ideologo, un criptofondamentalista. Crede nalla supremazia della sharia. E’ molto furbo nell’usare due linguaggi, uno europeo e uno tipicamente arabo. Nessuno ricorda i suoi sermoni islamici ai giovani musulmani francesi. La teologia in Olanda, e la cultura in generale, è diventata così naif. Pensano che sia bene avere un uomo così famoso come Ramadan”. La candidatura di Ramadan è sponsorizzata dal più celebre islamologo olandese, Ruudt Peters, che ha aperto alla sharia, affascinato dal fondamentalismo e che lambisce l’antisionismo.Ellian non si meraviglia dell’incarico a Ramadan. Ricorda che pochi mesi fa Pieter Donner, ex ministro della Giustizia, affermò che “i gruppi islamici hanno il diritto di arrivare al potere per via democratica. Se i due terzi degli olandesi volessero introdurre la sharia, questa possibilità dovrebbe essere concessa. Sarebbe uno scandalo dire che ‘non deve essere permesso’. Conta la maggioranza, questa è la democrazia”. Affermazione su cui Ramadan non avrebbe nulla da obiettare.
Lo scrittore olandese Leon de Winter, parlando con il Foglio, lancia una provocazione: “Chiedo al sultano dell’Oman di concedere una cattedra di diritti umani ad Ayaan Hirsi Ali. L’università di Leiden fu creata dal Guglielmo di Orange come dono al popolo olandese che aveva combattuto contro lo tirannia spagnola. Ora quella stessa università accetta soldi da un altro tiranno”. Il motto dell’università di Leiden è “Praesidium Libertatis”. “I Fratelli musulmani, di cui Ramadan è espressione, vogliono sì la libertà. Ma solo per l’islam. Ramadan parla di pace ai kaffirs, gli infedeli, e predica jihad quando si rivolge ai musulmani”. Nel 1933 lo storico Johan Huizinga era rettore dell’Università di Leiden e in quella veste ingaggiò una epocale battaglia per impedire una conferenza di Johannes von Leers, celeberrimo antisemita apprezzato da Joseph Goebbels. Huizinga portò avanti solitario una guerra accademica che gli sarebbe costata la morte e la tortura nelle segrete naziste. Nel suo capolavoro “Lo scempio del mondo”, scritto nel 1943 in un campo di detenzione della Gestapo, Huizinga usò parole che in questi giorni sono risuonate in Olanda: “Nessuno si stupirebbe se un bel giorno questa nostra demenza sfociasse in una crisi di pazzia furiosa che, calmatasi, lascerebbe l’Europa ottusa e smarrita; i motori continuerebbero a ronzare, e le bandiere a sventolare, ma lo spirito sarebbe spento”.
Arruolando un “leader di guerra” come Ramadan, per usare la definizione della coraggiosa Caroline Fourest, assumendo un agitatore la cui concezione della libertà è tale da contemplare un “orrendo e razzista” rivolto a Robert Redeker mentre si dava alla clandestinità, l’Olanda svende lo spirito di uno dei resistenti più eccelsi della propria storia. Per riprendere il titolo del capolavoro di Huizinga, è l’autunno della libertà accademica. Nella stessa Olanda che accoglie a braccia aperte Tariq Ramadan un grande storico olandese, Pieter van der Horst, un anno fa non ha potuto concludere la propria carriera con una lezione sull’antisemitismo islamico. Il rettore gli intimò di eliminare ogni riferimento all’islam.
il Foglio

domenica 4 novembre 2007

Nel carcere di Belluno ormoni gratis per i detenuti transessuali

Più che un carcere, un hotel a cinque stelle. Ma solo se i detenuti sono transessuali. Sembra uno spot studiato per attirare clienti in cerca di emozioni forti, e in realtà è il biglietto da visita del carcere Baldenich di Belluno che, oltre a riservare ai trans le camere (difficile chiamarle celle) migliori, con al massimo due letti, acqua calda, doccia privata e piastrelle di pregio, rimborsa a pie di lista il costo delle cure ormonali.
Mille euro al mese, più o meno, per i 12 trans detenuti attualmente, che il contribuente versa per non alterare l’equilibrio psicofisico di chi ha scelto un sesso diverso da quello che la natura gli/le ha assegnato alla nascita.La particolarità era già nota nel pianeta carcerario italiano, tanto che alcuni trans farebbero carte false pur di essere ospitati in questa casa di cura.
Sì, perché chi vuole essere donna senza averne la natura deve svenarsi ogni volta che fa un giro in farmacia: se la dose giornaliera di femminilità te la passa la mutua, sai che pacchia. Nelle altre carceri italiane questa agevolazione non è concessa, forse perché equipara gli ormoni a una sorta di operazione estetica, tipo un intervento per modellare il seno con una robusta iniezione di silicone.
Questione di interpretazioni. La direttrice del carcere di Belluno, Immacolata Mannarella, interpellata dal Gazzettino, ha spiegato che «si tratta dell’applicazione di un principio di natura costituzionale, che trova riconoscimento anche nelle norme dell’ordinamento penitenziario: il principio di tutela della salute». «L’ottica è la tutela e il non peggioramento della salute di chi ha già iniziato delle cure - spiega -. I trattamenti sicuramente non cominciano qui, nessuno viene da noi per cambiare sesso. Non diamo ormoni a chi non li deve prendere. Se tagliassimo le dosi massicce di ormoni a chi già le prende, provocheremmo in quella persona una serie di gravi scompensi dal punto di vista fisico, come pericolose alterazioni nella risposta cardiovascolare».
In sostanza, è il ragionamento della Mannarella, così come i detenuti non pagano il ticket quando il medico prescrive loro degli antibiotici, allo stesso modo vanno trattate le ricette per gli ormoni.Il problema è che ai transessuali liberi questa garanzia non viene concessa e, tranne in Toscana, dove gli ormoni sono passati dallo stato, la scelta di cambiare sesso comporta una spesa non indifferente e perpetua. Per il momento i più arrabbiati sono gli altri detenuti del carcere Baldenich, i cosiddetti normali, sistemati in 6-7 per cella, con un lavandino e acqua fredda e con un pavimento di grigio cemento. I progetti per migliorare la struttura ci sono, ma per ora sono arrivati solo i fondi per la sezione transessuali, «che vanno trattati con tatto e accortezza, vista la vita complicata e travagliata che fanno», precisa la direttrice.
Il Giornale

sabato 3 novembre 2007

Papa Benedetto XVI: Sia riconosciuta anche ai farmacisti l'obiezione di coscienza”

CITTA’ DEL VATICANO - Il diritto all'obiezione di coscienza deve essere riconosciuto anche ai farmacisti. Lo chiede Benedetto XVI nel discorso rivolto alla Federazione Internazionale dei Farmacisti cattolici."
L'obiezione di coscienza - ha detto - e' un diritto che deve essere riconosciuto alla vostra professione permettendovi di non collaborare direttamente o indirettamente alla fornitura di prodotti che hanno per scopo le scelte chiaramente immorali, come per esempio l'aborto e l'eutanasia".
Nel suo discorso, Papa Benedetto ha esortato a combattere la mentalita' che "anestetizza le coscienze per esempio sugli effetti delle molecole che hanno come scopo quello di non permettere l'annidamento (e lo sviluppo) dell'embrione o di abbreviare la vita di una persona"."Il farmacista - ha sottolineato - deve invitare ciascuno a un sussulto di umanita' perche' la vita umana sia difesa dal concepimento alla morte naturale".
Rivolgendosi ai partecipanti al Congresso Internazionale dei Farmacisti cattolici, Benedetto XVI ha affrontato anche il problema del progresso della medicina, che porta grandi benefici ma talvolta espone i pazienti ai rischi di una incontrollata sperimentazione. "Nessuna persona - ha scandito - puo' essere utilizzata in maniera sconsiderata come un oggetto per realizzare sperimentazioni terapeutiche che devono svilupparsi secondo protocolli rispettosi delle norme etiche fondamentali".
Secondo il Papa, "lo sviluppo attuale degli strumenti medicamentali e delle possibilita' terapeutiche che ne derivano chiedono ai farmacisti di riflettere sulle funzioni sempre piu' ampie che sono chiamati a svolgere in quanto intermediari tra il medico e il paziente". I farmacisti sono cioe' chiamati a svolgere "un ruolo educativo con il paziente per un uso giusto della cura medica e soprattutto per far conoscere le implicazioni etiche sull'utilizzo di un determinato farmaco".
Ai farmacisti cattolici, Benedetto XVI ha anche chiesto di "aiutare i giovani che entrano nelle differenti professioni farmaceutiche a riflettere sulle implicazioni etiche sempre piu' delicate delle loro attivita' e decisioni". Si tratta di "approfondire la loro formazione non soltanto sul piano tecnico ma anche su cio' che riguarda le questioni bioetiche".
Esse si fondano sul presupposto che "l'essere umano, creato ad immagine di Dio, deve essere al centro delle ricerche e delle scelte in campo biomedico".In questo contesto, il Pontefice ha infine ripetuto il suo appello affinche' i farmaci salva-vita siano garantiti ai Paesi del Terzo Mondo che non possono acquistarli. "Le case farmaceutiche - ha insistito - favoriscano l'accesso alle terapie per i piu' poveri".
Per Benedetto XVI, "e' necessario che le diverse strutture farmaceutiche, i laboratori e i centri ospedalieri abbiano la preoccupazione della solidarieta' nell'ambito terapeutico, per permettere un accesso alle cure e ai farmaci di prima necessita' a tutti gli strati della popolazione, in tutti i Paesi".

La Nasa cancella Cristo

Finché lo dice Wikipedia, tanto quanto. Ma se ci si mette pure la Nasa, allora l’indizio va preso sul serio. L’enciclopedia online aggiornata dagli utenti a stelle e strisce racconta di una nuova campagna per cambiare la datazione. Diversi gruppi religiously correct stanno cercando di spedire in cantina la dicitura tradizionale bC (before Christ) e aD (annus Domini).Da noi i comunissimi avanti e dopo Cristo da sussidiario di quarta elementare. Sostituendole con Bce (Before Common Era) e Ce (Common Era). «Per rispetto nei confronti di tutte quelle persone che cristiane non sono - strillano dal loro sito internet gli adepti della comunità dell’Ontario Religious Tolerance - E ormai nel mondo i “non cristiani” sono il doppio dei cristiani. Forzare per esempio un indù a utilizzare il calendario gregoriano sarebbe come costringerlo ad ammettere la superiorità del Dio cristiano e di Gesù Cristo».Fin qui il delirio di qualche fanatico. Poi si scopre, sempre scartabellando in rete, che sulle pagine della Nasa questo nuovo sistema (Bce-Ce) non solo è citato, ma anche incoraggiato. «Su queste pagine - si legge - preferiamo utilizzare il metodo Common era al posto di bC e aD. Questi termini moderni sono preferibili perché non impongono nessuna interpretazione teologica sul lettore. Senza contare i numerosi vantaggi in liste e tabelle generate al computer». Revisionismo storico, e un pizzico di disinformazione tecnologica, gentilmente offerti e propagandati dall’agenzia spaziale e aeronautica americana.Sulle pagine americane di Wikipedia il nuovo sistema si sta diffondendo in nome della tolleranza dei diversi culti religiosi. In Italia siamo ancora indietro. «Mi sembra strano questo religiously correct dell’ultima ora - sbotta Frieda Brioschi, portavoce tricolore degli aggiornatori dell’enciclopedia online - Come mi pare azzardato voler rivoluzionare un sistema comune di definire la datazione che funziona da secoli. Noi in Italia non abbiamo ricevuto nessuna indicazione sul cambiamento di sistema». Restiamo conservatori insomma. «Wikipedia Italia non cambierà - continua Brioschi - Di fronte a queste cose è meglio sedersi un attimo e aspettare che passi».Nel 2007 Bce, dunque, si vorrebbe seppellire Dionigi il Piccolo, il monaco originario della Scizia che datò la nascita di Cristo e introdusse la dicitura aD e bC. E con lui strappare le pagine del calendario giuliano e gregoriano, capaci di unificare il mondo nella datazione e nello scorrere del tempo. Ci aveva provato l’intellighenzia della Rivoluzione d’Ottobre con il calendario Soviet. Poi la Ddr che sostituì la sigla convenzionale con Uz (Unserer Zeit, il nostro tempo). Sono finiti per terra, abbattuti a picconate il 9 novembre 1989. Vuoi vedere che porta male? A Wikipedia e alla Nasa si può consigliare un repentino ravvedimento. O, quanto meno, un buon antivirus.
il Giornale