mercoledì 20 febbraio 2008

Fini: ragioniamo sull’opportunità di non candidare chi ha pendenze con la giustizia

“Scegliamo i nomi con rigore”
Dopo un'ora trascorsa a ragionare sui temi del­la sicurezza e della giu­stizia, durante la quale il presidente di An, Gianfranco Fini, ha usato espressio­ni come «giro di vite» e «tolleranza zero» («e non mi vergogno di usar­le»), era inevitabile chiedergli se non c'è contraddizione nell'invocare rigore e fermezza quando, nel Popo­lo della Libertà, stanno per entrare candidati sotto indagine o condan­nati, anche in via definitiva. «I diritti civili, e cioè la facoltà dì votare ed es­sere votati, li regolano i codici. Mi rendo conto che il politico deve esse­re al di sopra di ogni sospetto, e vale per Giulio Cesare e per la moglie di Giulio Cesare. Ma bisogna fare at­tenzione, perché spesso i reati contestati sono di piccola portata o addi­rittura reati di opinione...».
Nel Pdl saranno in lista indagati o con­dannati per delitti di altra natura.
«Credo che se uno è indagato o, a maggior ragione, condannato per re­ati particolarmente odiosi, come la corruzione, o che abbiano a che fare con l'associazione mafiosa, opportu­nità vorrebbe che nella composizione delle liste ci fosse più rigore e più scrupolo. Parlo anche solo di opportu­nità: in attesa di sentenza definitiva, si può anche saltare un giro».
Propone di rivedere le liste?
«Dico semplicemente che possiamo ragionare insieme se metterli in li­sta oppure no. Credo di poter chie­dere rigore perché, in venticinque an­ni di Parlamento e in venti di leader­ship nel mio partito, i magistrati che conosco li ho conosciuti in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudizia­rio». Questa è la conclusione. Si era partiti dalla proposta di castrazione chimica dei pedofili.
Un po'truculenta, no?
«Per niente. Il pedofilo è un malato che necessita di interventi terapeu­tici. So che il termine castrazione è respingente, ma si tratta di una cu­ra a cui sottoporre chi la accettasse. Non penso che l'inasprimento delle pene, proposto da altri, sia utile per bloccare chi delinque obbedendo a una pulsione, a una libido. E quando il pedofilo esce dal carcere, quattro o cinque anni dopo, non è ancorata­le? Senza contare che per i detenuti esistono ancora troppi benefici».
Troppi? Li volete ridurre?
«Per esempio quelli previsti dalla leg­ge Gozzini (che accorcia i tempi di de­tenzione). E' una legge che va rivista in senso restrittivo».
Per tutti?
«Non sono un giurista. Si vedrà nel dettaglio. Ma i benefici vanno tolti, per esempio, ai plurirecidivi, a chi non dà segni di ravvedimento, a chi ha com­messo reati particolarmente gravi. Chi viene condannato a dieci anni, si faccia dieci anni».
Le carceri scoppiano. I carcerati vivono condizioni disumane.
«Sì, ma è un'assurdità fare l'indulto perché mancano carceri. Si costrui­scano carceri nuove. Si continua a pre­stare attenzione ai diritti dei colpevoli e non a quelli delle vittime».
Le carceri non si costruiscono in due giorni.
«D'accordo, ma la strada è un'altra. Ri­tengo che le pene non debbano essere per forza detentive. Tanti possiamo mandarli a lavorare, i condannati per piccoli reati puliscano le strade, i giardi­ni pubblici. Insomma, a me preme che ci si ficchi in testa una cosa: la respon­sabilità penale è personale. Chi sbaglia paghi, senza che si tirino in ballo gli aspetti sociologici, tanto cari alla sini­stra, su dove uno è cresciuto e che sfor­tuna ha avuto...».
Rutelli non ha torto quando propone di levare la patria potestà ai genitori che mandano i bambini all'accattonaggio o alla delinquenza.
«Sono cose che diciamo anche noi, da anni. Ma piuttosto la sinistra dovrebbe avere il coraggio di riconoscere che esi­stono gruppi etnici i cui costumi rendono per la gran parte impossibile l’integrazione».
La sinistra, a partire da Veltroni, sulla sicurezza non sembra tanto lassista.
«Adesso ci sono arrivati. Finalmente hanno capito che la sicurezza è un’esigenza sentita soprattutto nelle classi più economicamente disagiate. La criminalità diffusa colpisce specialmente loro. Però rimane distanza fra quello che si dice e quello che si fa. Il pacchetto sicurezza si è rivelato più un pacco che un pacchetto».
A Roma sono state rase al suolo le baraccopoli. Faceva male vedere vecchi e bambini in fila sotto la pioggia.
«Fa molto male. Per questo dobbiamo essere implacabili nella gestione del­l'immigrazione e nel rispedire ai paesi d'origine i comunitari, come i romeni, che vengono qui senza lavoro, e vivono di criminalità o di espedienti».
Però non pare che ci siano proposte con­crete, ma solo enunciazione di propositi.
«Noi, a differenza di Veltroni, di que­sti temi ci occupiamo da sempre. Non abbiamo bisogno di proclami. Io sono felice di aver fatto leggi come quella sull'immigrazione, con Bossi, o sulle droghe, con Giovanardi. Io sulle dro­ghe sono inflessibile, ma non un mo­stro. So qual è il dramma dei ragazzi e delle loro famiglie. Per questo, e non lo si dice mai, nella mia legge è con­templata la possibilità - siccome lo spacciatore è spesso tossicodipenden­te - di scontare la pena in comunità. E nella prossima legislatura vogliamo ridurre i tempi della giustizia».
Come?
«Troveremo il modo. Noi aiuteremo i magistrati ma i magistrati devono aiu­tare noi, non ammettendo la sciatteria e il lassismo che albergano anche nella loro categoria».
E' dell'idea di abolire uno dei tre gradi di giudizio?
«No. Non sono giustizialista. Il giusti­zialismo è la caricatura della giustizia. Sono garantista e per la giustizia. Ma quella vera e non piagnona».
fonte: La Stampa

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