venerdì 28 settembre 2007

Al Qaeda si finanzia nelle moschee durante il Ramadan

Il mese di Ramadan, sacro per tutti i musulmani, è diventato un problema per gli apparati di sicurezza della maggior parte dei paesi arabi. Nel corso del mese di digiuno si svolgono numerose attività, come gli incontri comunitari nelle moschee e la raccolta della Zakat, che servono ai gruppi terroristici per reclutare nuovi seguaci e rifornirsi di danaro.
In particolare, il problema si pone in Algeria, dove è certo che parte dei soldi della Zakat versati dai musulmani vengono usati per finanziare al-Qaeda nel Maghreb islamico. A dirlo chiaramente sono stati il Dipartimento di Stato americano e l'ambasciata statunitense ad Algeri.
Secondo quanto riporta il giornale arabo 'al-Quds al-Arabi', i diplomatici americani sono molto preoccupati per il fatto che il danaro versato dai fedeli - in ottemperanza al terzo pilastro dell'Islam, che prevede la sua redistribuzione ai più poveri della comunità - possa invece finire sui monti dove si nascondono i terroristi. Per questo una delegazione del governo americano ha incontrato nei giorni scorsi il ministro algerino per gli Affari religiosi, Bouabdullah Ghulamallah, al quale ha espresso le proprie preoccupazioni.
Il ministro, però, sembra che abbia risposto stizzito alle domande degli americani, sottolineando come la responsabilità dell'uso di questi soldi non sia del ministero bensì degli stessi donatori. Un funzionario del ministero ha inoltre aggiunto che Ghulamallah avrebbe anche respinto la richiesta degli americani di affiancare ai loro dirigenti una squadra di tecnici per la gestione dei fondi della Zakat.Riferiscono alcune fonti che ogni anno, in Algeria, si raccolgono durante il Ramadan circa un miliardo di dollari, buona parte dei quali dovrebbero finire in un conto corrente bancario del ministero per gli Affari religiosi per essere convertiti in opere destinate ai più poveri. L'unico accordo trovato con gli americani, invece, sembra sia stato quello di dar vita, con i soldi della Zakat, a un fondo con il quale prestare danaro alle famiglie più bisognose, senza interessi, per dare vita a piccoli progetti imprenditoriali che li aiutino a diventare economicamente indipendenti.Maggiori preoccupazioni per l’impiego della Zakat a fini terroristici, si hanno tuttavia in paesi come l’Arabia Saudita, dove, grazie alla presenza di generosi emiri, i gruppi radicali islamici riescono a raccogliere molti più fondi. In generale, comunque, l'avanzata del terrorismo in tutti paesi arabi sta costringendo le autorità locali a prendere nuovi provvedimenti per evitare che il Radaman ed i suoi riti diventino occasione per il finanziamento e la propaganda delle cellule di al-Qaeda.
Stando alla Tv satellitare ‘al-Arabiya', il ministero degli Affari islamici di Ryiad ha diffuso nuove direttive sulla gestione dell'Iftar, la tradizionale rottura del digiuno, e la raccolta della Zakat. Per quanto riguarda l’Iftar, che consiste nell’offrire da mangiare a un gruppo quanto più numeroso di persone come forma di espiazione dei propri peccati, se prima i fedeli erano soliti organizzare questi pranzi collettivi all'interno delle moschee in modo autonomo, da oggi in poi potranno farlo solo dopo aver ricevuto un regolare permesso da parte delle autorità locali.
Più dure invece sono le nuove norme sulla raccolta della Zakat. In passato, nel regno saudita, associazioni private e moschee raccoglievano autonomamente il denaro dai fedeli, redistribuendolo come meglio credevano. Questo genere di pratica ha permesso il finanziamento di gruppi estremisti costringendo il governo ad intervenire.
Sarà proibito alle persone non autorizzate di esporre casse per la raccolta delle offerte nei negozi e nelle moschee, così come non sarà più possibile chiedere denaro per strada. Il delegato del ministero per gli Affari islamici, Abdelaziz al-Seideri, ha lanciato un appello a tutti i fedeli e agli Imam attraverso l'agenzia di stampa saudita, affinché il denaro raccolto per il Ramadan venga dato solo agli enti caritatevoli autorizzati dal governo.
Hazma Boccolini

venerdì 21 settembre 2007

Comunismo: l’URSS dietro le BR e il terrorismo in Europa

Non ho mai avuto dubbi che all’origine delle Brigate Rosse ci fosse l’Unione Sovietica. E sono sempre stato convinto che sullo sfondo del caso Moro ci fosse lo scontro tra i due blocchi, quello dell’Est e quello dell’Ovest. In questo quadro l’Italia rappresentava il ventre il molle dell’Alleanza Atlantica e veniva massacrata dai Servizi Segreti del Patto di Varsavia».
Con queste parole, Franco Mazzola, nel 1978 Sottosegretario alla Difesa, quindi Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per i Servizi Segreti nei governi Andreotti, Cossiga e Forlani, torna a parlare del sequestro Moro. L’occasione è la nuova pubblicazione del suo libro a cura dell’editore torinese Nino Aragno vent’anni dopo, stavolta con la firma dell’autore, che nella prefazione spiega anche perché nel 1985 decise di pubblicare con Rusconi scegliendo l’anonimato e scatenando interrogativi e sospetti.
«Nel corso degli anni della mia vita di parlamentare avevo tenuto un diario nel quale annotavo giornalmente i fatti politici ma anche quelli famigliari e della vita quotidiana. L’esistenza di quel diario – scrive il sen. Mazzola – era abbastanza nota non solo nella cerchia dei miei amici, ma anche nell’ambiente politico e molti ritenevano che quelle pagine contenessero notizie inedite sulle vicende del tempo e capaci di gettare una luce sui fatti del terrorismo ed in particolare su molti aspetti oscuri della vicenda del sequestro e dell’assassinio di Moro».
La prima edizione de I giorni del diluvio andò esaurita in pochi giorni e non ne venne pubblicata una seconda. «Ho sempre avuto il dubbio – afferma l’autore all’“ADNKRONOS” – che fosse stato ritirato».
L’ex-Sottosegretario alla Difesa, componente del Comitato di crisi per il sequestro Moro che Francesco Cossiga istituì al Viminale, ribadisce la sua convinzione che «all’origine del terrorismo in Europa ci fosse il Kgb, con il suo potentissimo primo direttorato centrale che utilizzava i cecoslovacchi per le operazioni, per poi sostituirli con i bulgari quando Jan Seina passò all’Occidente nell’agosto del ‘68».
A quasi trent’anni dal rapimento del Presidente della DC da parte delle BR, Mazzola ammette che «poco o nulla è stato detto di come siano andate effettivamente le cose». Ad esempio: «ho sempre considerato incredibile – osserva – che la Renault 4 rossa delle BR potesse aver attraversato Roma la mattina del 9 maggio con il cadavere di Moro nel bagagliaio per arrivare a via Caetani. Quella macchina non ha percorso molta strada. E ritenevo invece che il falso comunicato del lago della Duchessa, del 18 aprile 1978, non fosse opera dei Servizi Segreti, ma al contrario un’idea partorita da qualcuno interno alle BR come diversivo per poter spostare l’ostaggio da una prigione all’altra. Ricordo di aver avvertito io stesso Cossiga che il lago era ghiacciato, ma vollero effettuare ugualmente tutte le ricerche».
Nel 1978 il Sisde, Servizio Segreto per la Sicurezza Interna, aveva due mesi di vita. La legge 801 era appena entrata in vigore e il sen. Mazzola rammenta come il gen. Giulio Grassini, neodirettore dell’ intelligence civile, disponesse di quattro stanze e venti persone: «si lamentava di non riuscire a fare nulla. Nel ‘79 e nell’80 ero Sottosegretario ai Servizi e dovetti ingaggiare un braccio di ferro con il Direttore del Sismi, Giuseppe Santovito, che non voleva passare al Sisde il materiale che riguardava gli affari interni».
«In questo quadro mi riesce quindi difficile ritenere – osserva ancora il sen. Mazzola – che quelle strutture potessero avere un controllo capillare delle Brigate Rosse tanto da avere persino delle basi nelle stesse zone che ospitavano i covi dell’organizzazione guidata da Mario Moretti».
Sebbene tutti i nomi siano in codice, ne I giorni del diluvio si riconoscono senza difficoltà i protagonisti dello scenario internazionale del 1978. Il colonnello Gheddafi, il capo dei Servizi Segreti libici, Yalloud, il leader dell’Olp Yasser Arafat, il colonnello Stefano Giovannone, capocentro del Sismi a Beirut, l’uomo che venne incaricato di stabilire un contatto con le BR durante i 55 giorni del rapimento Moro.
L’ex Senatore ammette infine di essere sempre stato convinto della responsabilità dei bulgari per l’attentato a Papa Giovanni Paolo II. «Nell’estate dell’82 rilasciai un’intervista ad una tv inglese dichiarando che i bulgari avevano ereditato il ruolo dei cecoslovacchi come braccio armato dei Kgb per le operazioni terroristiche. La tv italiana, alla quale gli inglesi offrirono il servizio, la mandò in onda alcuni anni dopo».
Corrispondenza romana

giovedì 20 settembre 2007

Choc a scuola, arriva un manuale per piccoli atei

Il testo scritto da un docente per mettere in ridicolo i credenti. Circola in diversi istituti del Nord
Roma - Il titolo è inequivocabile: Il Piccolo Ateo. Il sottotitolo pure: «Anti Catechismo per giovani che non si vogliono fare fregare».
Lo ha messo nero su bianco Calogero Lillo Martorana, napoletano, professore nelle scuole superiori e «ateo razionalista». A dispetto di quel «giovani» che appare sulla copertina si tratta di un testo pensato e scritto per i bambini e i ragazzi delle medie.
Per iniziarli all’ateismo sin dalla più tenera età, mettendo in ridicolo il cattolicesimo. «Lo abbiamo ricevuto da nostri associati e circola in varie scuole del Nord Italia», segnala Barbara Sciarra, capo ufficio stampa del GRIS, il Gruppo cattolico di ricerca e informazione socio-religiosa.
In 52 pagine a caratteri molto grandi il docente ateo cerca di convertire gli alunni lanciando accuse grossolane. «Per “credere” non c’è bisogno né di avere un’istruzione né di avere una testa che pensa; anzi, per credere, l’intelligenza, la saggezza, la razionalità e l’istruzione (quindi la scuola) sono tutte cose dannosissime», scrive Martorana cercando di far passare per ebeti miliardi di credenti.
Come «ottima prova» della non esistenza di Dio, l’autore propone, in venti righe, l’esistenza della sofferenza, mentre poco dopo spiega che è «la paura della morte a farci illudere che c'è Dio».
«La fede - scrive ancora - è proprio una benda sugli occhi, non c’è altro modo per definirla! E non c’è proprio niente di eroico in essa, perché chi si illude così significa che non vuole ragionare, significa che non vuole capire». Qualche altra chicca tratta dal volumetto: «Ci vuole qualcuno per mettere le anime dentro tutti i neonati: e da dove le prendono? C’è una fabbrica? E secondo quali criteri le distribuiscono? E se a qualcuno capita l'anima di un altro?».
Monologhi buoni per un canovaccio da cabaret, se letti da un adulto, che possono però essere subdolamente efficaci su un bambino.Parlando dell’eucaristia, l’autore osserva: «Nella fantasia credulona dei cristiani, “comunione” significa entrare in contatto con Dio; attraverso l’ingoio dell’ostia, i cristiani credono che Dio entri in noi e in tal modo noi diventiamo “vaccinati” contro le tentazioni e sciocchezze simili... La prima comunione, come altre cose simili, serve solo al Vaticano per non perdere i fedeli per strada».
In un altro capitolo, dal titolo inequivoco «Dio ci rende schiavi», il professore ateo scrive: «I cattolici cominciano molto presto le proprie violenze alla tua libertà, col battesimo, iscrivendoti per forza nei loro registri; e poi proseguono minacciando l’Inferno se non fai quello che vogliono loro, ricattandoti col “peccato” che ti costringe ad aver paura di tutto (specialmente del sesso), chiamando “buoni” i cristiani e “cattivi” gli altri, cercando in tutti i modi di renderti servo sciocco di un invisibile dio e di un papa arrogante e autoritario».
Su molte grandi questioni, come il bene e il male, il docente catechizza così i suoi piccoli aspiranti: «Non c’è il male sicuro e non c’è il bene sicuro, tutto dipende da noi, da come noi pensiamo le cose, dall’epoca in cui nasciamo, dalla zona del mondo in cui viviamo, eccetera». Mentre questi sono i consigli sul sesso: «Coi genitori, coi preti e con gli adulti in genere, non potrai mai parlare di sesso!... I genitori che sembrano più “moderni” arrivano a dire che il sesso va fatto solo quando c’è l'amore; ma questo non significa proprio niente, il sesso e l’amore sono due cose distinte, meglio se stanno insieme, ma non è obbligatorio».
Il manualetto si conclude con una carrellata di paragrafetti che contengono una livorosa sintesi di duemila anni di storia e presentano i cristiani sempre come i «cattivi», adossando alla Chiesa cattolica (sic!) persino il genocidio del Ruanda.
Si disprezza la tradizione cristiana
«Si aggredisce brutalmente la tradizione cristiana, disprezzandola per il puro gusto di disprezzarla». È preoccupato il vescovo di San Marino e Montefeltro, monsignor Luigi Negri, dopo aver scorso il manualetto del piccolo ateo che si cerca di diffondere nelle scuole.
La prima reazione?
«Siamo di fronte a un anti cristianesimo becero e alla non volontà di dialogare e di discutere anche mettendo in campo ipotesi alternative a quella cattolica ma suffragate con una consistenza culturale. Mi è sembrata la traduzione stupida e grossolana dell’Enciclopedia degli Illuministi: ha la stessa presunzione, ma con due secoli di usura e un livello infinitamente più basso. Ricordo che Voltaire usava per la sua corrispondenza della carta con stampato in cima al foglio “Distruggete l’infame”. E si riferiva alla Chiesa».
L’autore vuole «convertire» all’ateismo le giovani generazioni...
«Lo stile è quello di chi si rivolge ai bambini, è lavolontà di distruggere la fede inun momento in cui c’è attesa e accoglienza. Proprio in un momento in cui sono cadute le ideologie e viviamo una situazione di debolezza nelle motivazioni e di domanda fortissima da parte dei giovani di esperienze vere e grandi, quella persona non ha saputo fare altro che proporre un surrogato trash di scientismo fai-da-te».
Il Gris sostiene che questa pubblicazione si sta diffondendo nelle scuole del Nord. Perché, secondo lei, questo avviene?
«Queste bassezze si diffondono perché non abbiamo ancora trovato il modo di ridar forza a una tradizione popolare che ha formato la nostra gente e che oggi ci si può permettere di trattare come meno di niente. Il manuale del piccolo ateo è la prova di un disastro antropologico. Oggi trattano così il cattolicesimo, domani potrebbero farlo con qualsiasi altra tradizione religiosa».
il Giornale
Scuola On. Isabella Bertolini: Inaccettabile in aula il manuale ‘il piccolo ateo’ contro il cattolicesimo
È inaccettabile che in alcune scuole italiane sia permesso distribuire e far circolare documenti che discreditano il cattolicesimo e mettono in ridicolo i credenti. L'articolo de Il Giornale denuncia un fatto gravissimo.
Lo affermano i Deputati di Forza Italia fondatori e membri dell'associazione "Valori e Liberta'": Isabella Bertolini, Patrizia Paoletti Tangheroni, Gabriella Carlucci, Simonetta Licastro Scardino, Giuseppe Cossiga.
Abbiamo intenzione – sottolineano i Parlamentari di Forza Italia - di presentare immediatamente un'interrogazione parlamentare indirizzata al ministro Fioroni per indurlo a verificare ed eventualmente bloccare la diffusione di un libercolo gravemente offensivo per il sentimento religioso di migliaia di famiglie italiane.
Ci chiediamo cosa succederebbe se un simile affronto venisse diretto contro l'Islam e i fedeli musulmani. Altro che vignette su Maometto.
Come minimo l'istituto scolastico sarebbe messo a ferro e fuoco e l'autore del documento condannato a morte. Ovviamente non chiediamo reazioni di questo tipo.
Di certo chiederemo al governo che negli istituti scolastici italiani si rispetti il sentimento religioso di centinaia di migliaia di genitori che hanno tutto il diritto di chiedere che i propri ragazzi non vengano traviati e condizionati da testi offensivi e denigratori.

L'Ucoii chiede elezioni in moschea

Musulmani alle urne!
Non hanno fondato un loro partito, anzi hanno un problema di leadership. E Hamza Piccardo, ex portavoce dell'Unione delle comunità islamiche in Italia, prova a uscire dall'impasse con una lettera aperta a Giuliano Amato a cui propone una soluzione «per definire la rappresentanza dei musulmani».
Individua lo strumento in una «consultazione di massa» che permetta di individuare coloro che possano «seriamente e compiutamente» rappresentare la «umma dei credenti».
Ma lo comunica al ministro dell'Interno, firmandosi come «direttore di islamonline.it», il suo sito web personale.
All'attuale portavoce dell'Ucoii, Izzedine El Zir, l'idea non dispiace: «È una scelta democratica e come tale non può che vederci d'accordo», dichiara a Libero, escludendo che si tratti di una presa di posizione polemica da parte di Piccardo nei confronti dei vertici del gruppo.
Certo, così come sono ridotte, le moschee italiane non possono aspirare a un'intesa con lo Stato. Divise al loro interno, come dimostrano le passate vicende del Consiglio islamico d'Italia, hanno ormai abbandonato ogni progetto di riconoscimento da parte delle istituzioni. Rimane la Consulta per l'islam, istituita dal predecessore di Amato, Beppe Pisanu, durante il governo Berlusconi.
Ma Piccardo scrive che sarebbe da «ringraziare e mandare a casa». Per Yahya Pallavicini, rappresentante della Coreis nell'organismo che si riunisce al Viminale, invece, ha dimostrato l'esistenza di voci diverse dal fondamentalismo di marca Ucoii. E boccia la proposta di Piccardo giudicandola «coerente con la sua impostazione politica dell'islam. Ma è incoerente secondo la prospettiva di chi vuole cercare un rapporto tra le confessioni religiose e lo Stato, come prevede la costituzione italiana».
Se nel frattempo l'intesa segna il passo, Pallavicini propone di «iniziare ad avviare trattative con chi ha mostrato responsabilità, lasciando fuori chi vuole strumentalizzare le masse».
Ma, sull'opportunità di scegliere un sultano con cui mettersi al tavolo, non sono d'accordo nemmeno i politici.
Isabella Bertolini, vicepresidente dei deputati di Forza Italia, contesta la rappresentatività a «chi non riconosce ad Israele il diritto di esistere, chi ritiene legittimo in guerra mozzare le teste ai propri nemici, chi giustifica il martirio dei kamikaze».
E Alfredo Mantovano, di An - peraltro citato da Piccardo nella lettera ad Amato - ricorda che la «gran parte dei musulmani presenti in Italia non aderisce ad alcuna associazione», ciò che fa apparire ingiustificata la richiesta dell'Ucoii a firmare l'intesa a nome di tutti.

Andrea Morigi - Libero

sabato 15 settembre 2007

Parma espugnata dagli islamici

L’altra mattina mi son svegliato e sulla Gazzetta di Parma ho trovato la notizia dell'invasione: una monumentale Mezzaluna sarà issata nella nuova grande rotatoria in allestimento alle porte della città. Non è possibile, mi sono detto, forse sto ancora dormendo, forse è soltanto un sogno o per meglio dire un incubo. Mi stropiccio ben bene e provo a rileggere, chissà che prima non mi sia confuso. No, purtroppo non mi sono sbagliato. In prima pagina il titolo è: «Ecco la Fontana delle Religioni». Sottotitolo: «Nell'opera di Cascella la Croce, la Stella di David e la Mezzaluna».
Il lungo testo, che prosegue all'interno, è un grande spot a favore della scultura, dello scultore e dell'ideologia relativista, al limite dell'islamofilia, che lo anima. Strano.Credevo che la Gazzetta fosse quotidiano confindustriale e borghesissimo, segnato dalla lunga direzione di Baldassarre Molossi, montanelliano dei tempi d'oro. Anche il figlio Giuliano, succeduto al padre nella direzione del giornale, non mi è mai nemmeno lontanamente sembrato amico di imam e muezzin. Anzi, se non ricordo male, a una cena dell'Unione Industriali si spazzolò un bel piatto di salumi.
E allora che cosa è successo? Non è che nottetempo i miliziani di Hamas, dopo essersi impadroniti mitra in pugno di Gaza, si sono infiltrati anche nei gangli del potere parmense? Telefono in comune, timoroso che mi si possa rispondere in arabo. E invece risponde come sempre il portavoce del sindaco Pietro Vignali, lesto ad attribuire l'idea della Mezzaluna all'ex sindaco, Elvio Ubaldi. Ancora più strano: ricordo di aver mangiato a casa Ubaldi uno dei culatelli migliori della mia vita e in quell'occasione l'esponente politico non mi sembrò per niente propenso a rispettare la norma coranica che proibisce severamente il consumo di carne di maiale.
Nota bene: né Vignali né Ubaldi appartengono alla sinistra estrema che tanto si impegna nel tenere aperte le porte all'immigrazione islamica. Di estrazione democristiana, fanno entrambi parte di una lista civica considerata di centrodestra da quasi tutti gli osservatori. Da quasi tutti ma non da me: non basta non essere di sinistra per essere di destra.
Il caso penoso della Fontana delle Religioni dimostra che il civismo (il fenomeno delle liste civiche) tende a degradare nel nichilismo amministrativo, senza politica e senz'anima, ancor più del vecchio partitismo. E guai se queste liste sono democristianoidi: così come la vecchia Dc ha più o meno inconsapevolmente favorito la secolarizzazione dell'Italia, certi post-Dc, da Rosy Bindi ai succitati parmigiani, sembrano voler completare l'opera di affossamento della religione cattolica, forse ignari che la natura non tollera vuoti e che relativizzando Cristo si apre la strada a Maometto.
Ma la chiesa di Parma che fa? Niente, assolutamente niente. La chiesa locale è una chiesa del silenzio, però non come le chiese dei paesi comunisti, obbligate a tacere dalla persecuzione. Qui nessuno minaccia di incarcerare il vescovo o di fucilare i parroci, eppure tutti tengono la bocca chiusa, paghi di praticare quella forma di fede invisibile tanto cara ai dossettiani e quindi a Romano Prodi. E così le chiese di Parma sono mezze vuote e per la verità anche mezze spente, siccome nessun fedele si sogna di accendere le squallide candele elettriche che negli ultimi anni hanno sostituito un po' ovunque, dal santuario della Madonna della Steccata fino a San Giovanni Evangelista, le mistiche candele di cera. Rimane qualche candela vera nella chiesa di San Sepolcro ed è lì che, davanti alla Madonna, ho spesso pregato per la sostituzione del vescovo, malato da tempo e inadeguato da sempre. Monsignor Bonicelli è un problema ben noto in Vaticano ma mentre a Roma discutono sul da farsi, Parma è stata espugnata. Perché l'incredibile Fontana delle Religioni è una bandiera bianca in marmo di Carrara.
In zona i musulmani non sono nemmeno tanti, eppure d'ora in poi si sentiranno invincibili: senza nemmeno chiedere hanno ottenuto l'abbassamento della Croce e l'innalzamento della Mezzaluna, figuriamoci quando aumenteranno di numero e di pretese. «Se tu fiderai negli italiani sempre avrai delusione» scrisse Guicciardini ma davvero non pensavo che l'apostasìa dovesse manifestarsi proprio a Parma, la capitale del prosciutto, una specialità che la sharia (la legge coranica che viene imposta quando i musulmani vanno al potere) proibirebbe inesorabilmente. Ma le vie del masochismo sono infinite.
Camillo Langone - il Giornale

martedì 11 settembre 2007

11 Settembre, On. Isabella Bertolini: Commemoriamo il coraggio ed i valori di libertà contro la viltà e il tradimento

Sei anni dopo l’orrore delle Torri Gemelle, che hanno confermato il disegno dell’islamismo terrorista di mettere in ginocchio l’Occidente e la sua civiltà, siamo ancora costretti a combattere, anche in Italia, non solo contro i seminatori di odio anti-americano ed anti-occidentale, ma anche contro quel superficialismo dilagante che ha confinato l’attacco al World Trade Center, tanto devastante da aver cambiato il mondo e da continuare ad incidere pesantemente nella storia a venire, fra i ricordi ormai remoti.
È vergognosa la speculazione sull’11 settembre, in chiave antiamericana ed antioccidentale e di propaganda filoterrorista, ad opera dei soliti noti radical-sinistri, che subiscono senza fiatare i ricatti e le brutalità dell’islamismo fondamentalista, mentre gettano la croce sugli USA e sulle legittime azioni belliche contro i finanziatori ed i sostenitori della guerra del terrore lanciata contro l’Occidente.
Di fronte all’immane pericolo del terrorismo mondiale e della possibile strisciante sottomissione della nostra civiltà ai diktat della violenza, è indispensabile che l’11 settembre di ogni anno si ripercorra con forza il ricordo di quanto è accaduto, del perché è accaduto e da chi è stato perpetrato.
Non si può dimenticare che il terrorismo islamico da anni continua a mietere migliaia di vittime innocenti nei Paesi dove questa funesta ideologia totalitaria cerca di assumere il potere.
Ed è altrettanto urgente che, attraverso i ricordi e le commemorazioni, vengano smentite con coraggio le falsità diffuse dai nemici della nostra civiltà, da quei cattivi maestri che, al riparo delle libertà che l’Occidente gli garantisce, non esitano a predicare l’odio nei confronti della nostra società.
tratto dal sito www.isabellabertolini.it

mercoledì 5 settembre 2007

Nei Paesi islamici non c’è spazio per altre religioni

Le notizie che arrivano dall’Algeria confermano che, quando si parla del rapporto fra libertà religiosa e islam, una cosa è la teoria e l’altra è la pratica.
La legge dell’islam, la sharia, permette ai «popoli del Libro», i cristiani e gli ebrei, la pratica privata del culto ma non il proselitismo. Le genti «del Libro» sono nella condizione precaria di dhimmi, «protetti». Quanto ai seguaci di religioni non «del Libro», non godono neppure della libertà di culto.
Proprio perché si ritiene che il marito influisca sulla fede della mogli, la sharia autorizza un musulmano a prendere una moglie «del Libro», mentre un uomo cristiano o ebreo non può sposare una donna musulmana.
Secondo la scuola giuridica più rigida - che è al potere in Arabia Saudita - c’è poi un’eccezione per la penisola arabica, terra considerata tutta sacra dove i cristiani (pure oggi numerosi fra gli immigrati) non possono neppure praticare il loro culto (e anche una semplice preghiera, se colta da un musulmano, rischia di avere conseguenze molto gravi).
Prescindendo da quei teologi progressisti che ritengono superati questi divieti - e che trovano spazio in Occidente sui giornali e nei congressi, ma ne hanno assai meno nei Paesi islamici - un normale manuale di diritto islamico ci dirà che - a seconda delle scuole giuridiche, delle leggi e della prassi consolidata - ci sono quattro tipi di situazione.
Nella peggiore - quella dell’Arabia Saudita o dell’Afghanistan dei talebani (le cui norme continuano a essere applicate nelle zone tribali afghane e pakistane che controllano) - i popoli «del Libro», dunque i cristiani, non possono neppure celebrare la Messa o pregare. Nei regimi religiosi che detengono il potere nella grande maggioranza dei Paesi musulmani i cristiani possono celebrare Messa nelle loro chiese e pregare in casa propria, ma le leggi vietano il proselitismo e puniscono con la morte l’apostasia del musulmano che si converte ad altra fede. Anche dove - su pressioni occidentali - le leggi più aspre sono state attenuate - e in teoria l’apostata non rischia più la pena di morte - altre norme rischiano di avere le stesse conseguenze. Per esempio, l’omicidio dell’apostata da parte della famiglia musulmana di origine è considerato un «delitto d’onore» e punito con pene molto lievi.
C’è poi un terzo gruppo di Paesi dove si sono affermati governi laici (non tutti democratici) - la Turchia, la Tunisia, l’Algeria - e le leggi garantiscono la libertà religiosa.
Questa, però, è la teoria. In pratica anche i regimi laici non garantiscono affatto la sicurezza alle minoranze cristiane e tanto meno ai musulmani che si convertono. Anzitutto, tanto più fuori delle grandi città, polizia e tribunali spesso ignorano le leggi e continuano a vessare i cristiani e a punire i convertiti. Un qualche pretesto si trova sempre.
Anzi, una lunga esperienza di viaggi in Paesi islamici mi conferma che quello che è accaduto in Algeria è comune. Spesso sono agenti provocatori della polizia a mostrarsi interessati al cristianesimo per poi arrestare i cristiani accusandoli di proselitismo.
In secondo luogo, le minoranze cristiane sono piccole e poco influenti. Quando i regimi laici si sentono minacciati dalla marea montante del fondamentalismo, una delle prime concessioni che fanno agli estremisti per cercare di evitare il peggio è proprio prendersela con le minoranze.
Con poche eccezioni, anche la libertà religiosa proclamata dai regimi laici in terra islamica è sempre una libertà vigilata.
il Giornale

In Algeria dure misure restrittive contro chi fa proselitismo religioso non musulmano

Sarà anche questione di guerra di religione ma la cosa ha del diabolico. Di solito funziona così. Sei lì seduto su una panchina del parco che ti fai un po’ i fatti tuoi quando ti si avvicina un tipo, per niente sospetto, anzi persino simpatico, disponibile, alla mano. Che chiacchierando così del più e del meno a un certo punto la butta lì sul religioso, ti chiede la tua sul cristianesimo, sulla parola di Dio, sul catechismo. Robe normali, come si fa all’oratorio.
Poi all’improvviso con la pupilla che brilla come la lama di un coltello stringe lo sguardo e con un sorriso strano ti dice: «Sì, certo, è vero, non che non sia d’accordo su quello che dici ma ce l’avresti mica un Vangelo sotto mano, che ci diamo un occhio?...» E come no, amico mio, eccolo qua... «È così che ti fregano - racconta adesso rigorosamente coperto dall’anonimato un algerino convertito al cristianesimo al quotidiano al-Khabar -. È stato un agente della polizia in borghese a fermare per strada uno dei miei fratelli di fede, gli ha chiesto una copia del Vangelo e quando il mio amico lo ha tirato fuori dal tasca per darglielo sono scattate le manette. Sono un poliziotto, gli ha detto, e ti ho beccato in flagranza di reato». L’amico in questione è uno dei cinque cristiani algerini sotto processo a Tizi Ouzou, in Cabilia con l’accusa di aver fatto propaganda al cristianesimo e di aver convinto amici e conoscenti ad abbracciare la fede cristiana. Per questo serviva una lezione. Perchè le autorità di Algeri hanno appena deciso di applicare dure misure restrittive contro chi predica fedi diverse da quella musulmana. E quei cinque si sono fatti trovare al posto giusto nel momento sbagliato.
Loro si difendono come possono, dicono di aver scelto il cristianesimo rispettando la libertà di opinione prevista dalla Costituzione algerina, spiegano che l’accusa di proselitismo altro non è che una trappola fabbricata ad arte dalla polizia. Ma non basterà a salvarli dalla condanna. Non è la prima volta che la polizia applica alla lettera la legge «per il rispetto del sentimento religioso». La scorsa estate, sempre a Tizi Ouzou, sono stati fermati alcuni francesi di un gruppo evangelico solo perchè uno dei predicatori aveva affittato una villa in Cabilia per tenere le sue prediche.
E tanto è bastato per mettere in agitazione il Paese. Anzi, è proprio per arginare le crescenti attività di proselitismo di tutte le fedi e per richiamare la popolazione alla fedeltà all’Islam, che il ministero per gli Affari religiosi, che consente la libera professione solo alle organizzazioni riconosciute dalle autorità, ha spedito a Tizi Ouzou i più noti imam telepredicatori arabi, come lo sceicco Yusuf Qaradawi di al-Jazeera, certi almeno di fare audience.
Al-Khabar, lo stesso giornale che ieri l’altro aveva denunciato le violenze sessuali subite dai bambini che frequentano le scuole coraniche da parte di imam pedofili, racconta che sono soprattutto i cristiani a subire le restrizioni più dure in Algeria. Perchè sulle panchine del parco accanto a te a volte può sorriderti qualcosa di diabolico.
Il giornale

Il governo decide dure misure restrittive contro chi fa proselitismo religioso non musulmano. E i primi a farne le spese sono cinque convertiti. Grazi

Sarà anche questione di guerra di religione ma la cosa ha del diabolico. Di solito funziona così. Sei lì seduto su una panchina del parco che ti fai un po’ i fatti tuoi quando ti si avvicina un tipo, per niente sospetto, anzi persino simpatico, disponibile, alla mano. Che chiacchierando così del più e del meno a un certo punto la butta lì sul religioso, ti chiede la tua sul cristianesimo, sulla parola di Dio, sul catechismo. Robe normali, come si fa all’oratorio.
Poi all’improvviso con la pupilla che brilla come la lama di un coltello stringe lo sguardo e con un sorriso strano ti dice: «Sì, certo, è vero, non che non sia d’accordo su quello che dici ma ce l’avresti mica un Vangelo sotto mano, che ci diamo un occhio?...» E come no, amico mio, eccolo qua... «È così che ti fregano - racconta adesso rigorosamente coperto dall’anonimato un algerino convertito al cristianesimo al quotidiano al-Khabar -. È stato un agente della polizia in borghese a fermare per strada uno dei miei fratelli di fede, gli ha chiesto una copia del Vangelo e quando il mio amico lo ha tirato fuori dal tasca per darglielo sono scattate le manette. Sono un poliziotto, gli ha detto, e ti ho beccato in flagranza di reato».
L’amico in questione è uno dei cinque cristiani algerini sotto processo a Tizi Ouzou, in Cabilia con l’accusa di aver fatto propaganda al cristianesimo e di aver convinto amici e conoscenti ad abbracciare la fede cristiana. Per questo serviva una lezione. Perchè le autorità di Algeri hanno appena deciso di applicare dure misure restrittive contro chi predica fedi diverse da quella musulmana. E quei cinque si sono fatti trovare al posto giusto nel momento sbagliato.
Loro si difendono come possono, dicono di aver scelto il cristianesimo rispettando la libertà di opinione prevista dalla Costituzione algerina, spiegano che l’accusa di proselitismo altro non è che una trappola fabbricata ad arte dalla polizia. Ma non basterà a salvarli dalla condanna. Non è la prima volta che la polizia applica alla lettera la legge «per il rispetto del sentimento religioso». La scorsa estate, sempre a Tizi Ouzou, sono stati fermati alcuni francesi di un gruppo evangelico solo perchè uno dei predicatori aveva affittato una villa in Cabilia per tenere le sue prediche. E tanto è bastato per mettere in agitazione il Paese. Anzi, è proprio per arginare le crescenti attività di proselitismo di tutte le fedi e per richiamare la popolazione alla fedeltà all’Islam, che il ministero per gli Affari religiosi, che consente la libera professione solo alle organizzazioni riconosciute dalle autorità, ha spedito a Tizi Ouzou i più noti imam telepredicatori arabi, come lo sceicco Yusuf Qaradawi di al-Jazeera, certi almeno di fare audience.
Al-Khabar, lo stesso giornale che ieri l’altro aveva denunciato le violenze sessuali subite dai bambini che frequentano le scuole coraniche da parte di imam pedofili, racconta che sono soprattutto i cristiani a subire le restrizioni più dure in Algeria. Perchè sulle panchine del parco accanto a te a volte può sorriderti qualcosa di diabolico.